Fin dalla notte dei tempi l’uomo ha sempre spinto per dare un’interpretazione ad ogni aspetto di ciò che lo circondava. Prima ci fu il mare che si apriva inesorabilmente di fronte a uomini primitivi che tentavano di scoprirlo, poi ci fu il fuoco, la grande scoperta che rendeva “più accessibile la vita” e che cambiò il mondo fino ad allora conosciuto; il vento, gli animali, tutto era ben più di ciò che vedevano nelle menti già ricche di filosofia dei primi uomini. Anche la geografia, la forma della terra e dei monti che la ricoprivano erano intrisi di significato, spesso prevedibilmente mutato nel corso del tempo. Anni e millenni di storia che si può riassumere in un unica parola: migrazione. La migrazione è scoperta, è adattamento, è ignoto. Ma quanto fa paura quest’ignoto? Parte della risposta a quest’importante domanda ce la racconta lo stretto di Gibilterra.
Dove si trovano le Colonne d’Ercole?
Per rispondere bisogna focalizzare l’anatomia geografica dell’estrema Europa e la sua vicinanza al continente africano. Osservando una qualsiasi cartina si noterà bene la forma delle due zone e si potrà osservare come sembrino, in senso figurato, volersi avvicinare l’una all’altra. Quello è lo stretto di Gibilterra, laddove il mar Atlantico e il mar Mediterraneo si incontrano. I due estremi della Spagna e del Marocco posseggono due monti, rispettivamente Calpe e Abila. Vengono considerati, circa 600 anni a.C., i “limiti del mondo”. Ed è lì che vengono collocate le Colonne d’Ercole, in prossimità delle fasi ascendenti dei monti, ciò che chiamiamo “promontori”.
Colonne d’Ercole, tra il mito e il significato
Il mito delle colonne d’Ercole è una leggenda nella leggenda. Ercole è il protagonista delle più classiche narrazioni letterarie greche e ciò che viene raccontato di lui, più di ogni altra peripezia, sono le dodici fatiche. Si narra, infatti, che in una di queste decise di separare il monte Ivi, in corrispondenza dello stretto di Gibilterra. Successivamente all’eroico gesto, incise una scritta semplice, chiara e concisa: non plus ultra, “non più oltre”.
La separazione di cui quella scritta, unita ai monti, era l’emblema, era quella tra il mondo conosciuto e quello sconosciuto, tra il noto e l’ignoto, tra la sicurezza e il pericolo. Oltre quella soglia non solo c’era qualcosa che lo spericolato viaggiatore non conosceva, ma rappresentava l’andare incontro alla morte. La leggenda, il mito, il significato, tutto è il risultato del timore dell’uomo nei confronti della scoperta. Timore che però non riesce ad annullare il fascino del nuovo, della conoscenza e di fatti, come già accennato, è proprio per questo che la storia dell’umanità racconta di viaggi, migrazioni, scoperte, da parte di uomini coraggiosi o per pura casualità.